“Storie di un artigiano delle illusioni”: intervista ad Aurelio Paviato, protagonista al teatro civico di Busca
Un monologo che è diventato dialogo e che da dialogo ha saputo essere coinvolgimento, interrogando l’animo nei suoi aspetti più profondi.
“Cos’è oggi per voi un prestigiatore?”
Teatro civico gremito sabato sera, 4 febbraio, a Busca per lo spettacolo “Storie di un artigiano delle illusioni” di Aurelio Paviato, organizzato da Blink Circolo Magico.
Il racconto della magia nei secoli, con importanti riferimenti e curiosi aneddoti ad accompagnare i numeri di prestigio. Uno spettacolo in forma minimalista ma dai grandi effetti emozionali: tre gli spettatori fatti salire sul palco e, abbattendo la quarta parete, la sensazione di ogni persona presente in sala di essere parte attiva di un qualcosa di unico ed irripetibile. Un monologo che è diventato dialogo e che da dialogo ha saputo essere coinvolgimento, interrogando l’animo nei suoi aspetti più profondi.
“Non saprei dire esattamente come sia nata in me la passione per la prestigiazione. Mi ha sempre attratto la manualità, questo sì, e con la magia ho vissuto più fasi. Da giovanissimo, a 16 anni, ero attratto naturalmente dall’essere portatore di un qualcosa che i miei coetanei non conoscevano e quindi dal mostrare le mie abilità. Crescendo, mi sono reso conto che preponderante in me era il desiderio di osservazione del mondo interiore: guardare le persone, comprendere il loro comportamento a livello psicologico mi affascinava molto, sempre di più. Grazie all’incontro con uno psicoterapeuta appassionato di magia, ho cercato di entrare ancora più in profondità. Dare qualcosa alle persone che abbia una valenza da un punto di vista emozionale credo sia l’essenza della magia stessa, la sua ragione d’essere.”
Di Aurelio Paviato non desta stupore soltanto la straordinaria abilità artistica, ma il suo modo di porsi nei confronti delle persone, di coinvolgerle con rispetto autentico e, soprattutto, con una gentilezza tale da far comprendere che essa è il frutto di un attento lavoro personale. Un qualcosa di non consueto, che richiama al concetto di vita nel suo significato più profondo.
“Ci tengo particolarmente al modo di essere, è vero” - commenta Paviato - “nel senso che credo che il nostro atteggiamento sia quello che poi faccia la differenza. Credo nel rispetto, nel far sorridere il pubblico senza fare battute sgradevoli, non c’è bisogno di quella comicità a mio parere. Ridere con il pubblico e non del pubblico, cogliendo gli aspetti insiti alla magia che portano a sorridere e soprattutto mostrare di essa la sua bellezza. Mi aveva molto colpito un’intervista di Salvatore Accardo che, parlando di Maurizio Pollini, aveva detto che andando ad ascoltare questo grande pianista non aveva avuto la sensazione che si ponesse con superiorità nel mostrare la sua assolutamente oggettiva bravura, ma che coinvolgesse il pubblico mostrando la bellezza della musica. Due piani differenti, dove il secondo a mio parere fa la differenza anche nella magia, dove l’impossibile diventa possibile e dove ritengo non sia corretto parlare di inganno ma di abilità artistica, superando i conflitti della realtà e permettendo al pubblico di sperimentare un’autentica meraviglia, di coglierne tutta la bellezza.”
Assistere ad uno spettacolo di Aurelio Paviato è davvero un ritrovare la meraviglia, ma anche la purezza con cui ogni giorno si dovrebbe guardare l’altro ed essere guardati. L’anima viene accarezzata, nutrita e pervasa di delicatezza. Gesti e parole a far capire che nei secoli, oltre al saper fare legato alla prestigiazione, resiste ma soprattutto fa la differenza il saper essere, quando è di rara e commovente bellezza.